Con l’avanzare dell’età (dai 35 anni a salire) le donne possono avere dei problemi a rimanere incinte. Per tale motivo si consiglia l'ovodonazione a tutte le donne sopra i 42 anni. Anche le donne già in menopausa possono ricorrere all'ovodonazione, effettuando un opportuno trattamento ormonale per ristabilire fittiziamente il ciclo e preparare l’endometrio all'impianto dell'embrione.
Questa tecnica si divide in tre fasi. Nella prima la donatrice si sottopone alla stimolazione ovarica, trattamento ormonale tipico della fecondazione in vitro che ha lo scopo di portare a maturazione parecchi ovociti contemporaneamente. Nel frattempo il ciclo mestruale della donna ricevente viene sincronizzato con quello della donatrice in modo che il suo endometrio sia pronto a ricevere gli embrioni quando gli ovociti della donatrice verranno fecondati. La sincronizzazione viene ottenuta attraverso un blando protocollo ormonale (estrogeni per via orale o transdermica). Nella seconda fase gli ovociti portati a maturazione dalla stimolazione ovarica vengono poi raccolti e fecondati in vitro, attraverso la Fivet (mettendo a contatto di ovuli e spermatozoi) oppure attraverso l’ICSI (in ogni ovocita si inietta uno spermatozoo opportunamente selezionato, tale pratica è detta anche micoinseminazione). Nella terza fase del processo gli embrioni ottenuti, ancora in fase di blastocisti, vengono trasferiti da uno a tre (normalmente due) nell’utero della ricevente. Per quanto riguarda la storia dell’ovodonazione, è stata praticata per la prima volta all’inizio degli anni ’80 negli Stati Uniti. Oggi è largamente diffusa, ed è anche un affare da vari miliardi di dollari all'anno, in America. Le donatrici ricevono in genere circa 7000 dollari, in alcuni casi molto di più. In Europa l'ovodonazione è regolamentata dalle leggi sulla fecondazione assistita, che a volte la proibiscono del tutto, come in Italia e in Germania, in altri casi pongono grossi limiti quali l'obbligo dell'anonimato e il divieto dei pagamenti per le donatrici.