Voglia di avere un figlio. In Italia continuano a calare le interruzioni volontarie della gravidanza

Sempre meno donne, in Italia, decidono di interrompere la gravidanza volontariamente. E’ quanto emerge dalla Relazione trasmessa al Parlamento pochi giorni fa. I dati sono stati raccolti dal Sistema di Sorveglianza Epidemiologica delle IVG, attivo in Italia dal 1980, che impegna l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), il Ministero della Salute e l’Istat da una parte, le Regioni e le Province autonome dall’altra. Il rapporto si basa sull’anno 2020 nel quale sono state notificate 66.413 interruzioni volontarie di gravidanza, meno 9,3% rispetto al 2019. La discesa riguarda tutte le aree geografiche, nord, centro e sud. Il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza nel 2020 è diminuito in tutte le classi di età rispetto al 2019, in particolare tra le giovanissime. I tassi di abortività più elevati restano nelle donne di età compresa tra i 25 e i 34 anni. Prima dell’aborto prevale, tra le donne, il ricorso al consultorio familiare per il rilascio della certificazione necessaria alla richiesta di interruzione volontaria della gravidanza (43,1%), rispetto agli altri servizi (Medico di fiducia: 19,9%; Servizio ostetrico-ginecologico: 33,4%). Il consultorio non offre solo questo servizio ma svolge un importante ruolo nella prevenzione dell’interruzione volontaria della gravidanza e nel supporto alle donne. Infine un ultimo aspetto sull’obiezione di coscienza. Nell’anno preso in considerazione, il 2020, il fenomeno ha riguardato il 64,6% dei ginecologi (valore in diminuzione rispetto al 67,0% del 2019), il 44,6% degli anestesisti e il 36,2% del personale non medico. Si rilevano ampie variazioni regionali per tutte e tre le categorie. Insomma il desiderio di diventare madre è più forte di quelle che possono essere le paure, per carità sacrosante, che può avere una donna in attesa o una coppia in attesa. Stando almeno ai dati sopraelencati.