Denatalità in aumento e crescita dei casi di infertilità: il ruolo che può ricoprire la Fecondazione Assistita
Oggi, più
di ieri, sono lievitati i casi di infertilità e le nascite continuano a cadere in picchiata in Italia per
una serie di fattori, uno dei quali legato all’età. Fino a qualche
decennio addietro, infatti, si diventava genitori più frequentemente tra
i venti ed i trent’anni. Nella società odierna l’età si è alzata per
fattori economici, sociali o familiari e questo sta comportando, come
detto, un calo della natività legato, nella maggior parte dei casi,
all’infertilità che può colpire l’uomo, la donna o entrambi. Ecco perché
oggi, di più rispetto a 20 anni fa la fertilità va preservata sin
dall’infanzia. A volte, fortunatamente, banali infezioni contratte
nell’infanzia e durante la giovane età, se trascurate, possono
comportare conseguenze negative a lungo termine sulla fertilità. Come
spiegavamo in precedenza il lavoro, la realizzazione nella società o
altre problematiche tendono a rimandare la nascita di un figlio. Ogni
donna nasce con un numero predefinito di cellule uovo (riserva ovarica)
che, con il passare del tempo, si riduce fino ad esaurimento. Per questo
motivo la fertilità delle donne diminuisce a partire dai 30 anni con un
calo molto significativo dopo i 40. Oggi, si stima che circa il 15%
delle coppie sono infertili (nel senso che dopo un anno, a volte due, di
rapporti regolari e non protetti non sono riuscite a concepire). Il
fumo, l’obesità o l’eccessiva magrezza, diverse sostanze ambientali,
come i derivati delle plastiche e degli idrocarburi, la sedentarietà e
l’uso di sostanze dopanti rappresentano alcuni tra i principali fattori
di rischio. Ma ci sono anche le infezioni sessualmente trasmesse che
possono condizionare e non poco. Nel corso degli ultimi anni si è
registrato un incremento delle patologie acute e croniche della sfera
riproduttiva. Sono aumentate, nelle donne, le alterazioni tubariche, le
malattie infiammatorie pelviche, fibromi uterini, endometriosi,
alterazioni ormonali e ovulatorie. Negli uomini, invece, sono lievitate
le condizioni che alterano la produzione ormonale, riducono il
testosterone e modificano la struttura e la funzione del testicolo, come
varicocele, criptorchidismo, malformazioni genitali, infiammazioni
testicolari, patologie prostatiche. Quando l’infertilità colpisce una
coppia, oltre alle terapie del caso che vanno stabilite con il proprio
medico e che possono ‘sbloccare’ la situazione, si può tentare con la
Fecondazione Assistita che sta avendo sempre più successo. Il Centro
Iatropolis-Genesis Day Surgery di Caserta, diretto dal Dottore Raffaele
Ferraro, rappresenta un’eccellenza in tal senso. Nel 2023 la struttura ha effettuato quasi 700 trattamenti per ciò che
riguarda la Procreazione Medicalmente Assistita. Questi dati collocano Iatropolis-Genesis Day Surgery tra i
centri più produttivi dell’Italia intera.
L'esposizione ambientale a sostanze chimiche o a radiazioni può incidere negativamente sulla fertilità
La fertilità va custodita e preservata gelosamente in un mondo, quello odierno, dove si corre molto e ci sono, purtroppo, poche certezze. Alcuni fattori ambientali, ad esempio, possono determinare infertilità, soprattutto se si viene a contatto con essi nelle fasi della vita più delicate come lo sviluppo intrauterino, l’infanzia e l’adolescenza, in cui l’organismo è in continuo cambiamento. Ma questi fattori ambientali potrebbero, una volta che siamo diventati adulti, essere la causa anche di alcune patologie andrologiche e ginecologiche, di alcuni tumori e di malformazioni del sistema riproduttivo. Di conseguenza dobbiamo fare grossa attenzione a dove trascorriamo il nostro tempo. Oggi parliamo dell’esposizione cronica, per motivi di lavoro, a sostanze chimiche o a radiazioni che possono influire negativamente sulla fertilità. L’esposizione ambientale a sostanze chimiche, infatti, può rappresentare un rischio importante per la salute riproduttiva. Per questo risulta di primaria importanza l'attuazione di misure preventive oltre che un controllo periodico della fertilità. Inoltre, è fondamentale rispettare e far rispettare le condizioni di lavoro che garantiscono la sicurezza di operatori ed operatrici ed è, infine, consigliabile effettuare delle visite andrologiche e ginecologiche periodiche per monitorare l'effetto di tali sostanze chimiche sullo stato di salute riproduttiva.
Ginecologia. Le possibili conseguenze per il nascituro se una donna fuma in gravidanza
Il fumo di tabacco da parte delle donne in gravidanza espone i nascituri alla nicotina, con la possibilità che essi manifestino, alla nascita, i segni della sindrome da astinenza (irritabilità, tremore, turbe del sonno). A lungo termine, invece, il tabacco può causare deficit comportamentali, un quoziente intellettivo più basso ed un disturbo da deficit di attenzione.
Uno studio condotto, qualche anno fa in Spagna ha evidenziato che, in bambini nati da madri che hanno fumato in gravidanza, la manifestazione di sintomi come irritabilità e tremore entro le prime 24-48 ore dalla nascita è correlata alla concentrazione di nicotina rilevata nelle urine e nei capelli dei neonati.
Con la nascita, infatti, il neonato non è più esposto alla nicotina contenuta nel sangue materno e, per questo motivo, sperimenta una vera e propria sindrome da astinenza dopo uno o due giorni.
Un fenomeno analogo si presenta quando una madre che fuma durante il periodo dell'allattamento smette di allattare il proprio bambino, anche se con effetti minori rispetto all'assunzione di nicotina in gravidanza. In questi casi i sintomi dell'astinenza compaiono spesso subito dopo lo svezzamento, e vengono quindi confusi con coliche.
Il consumo di tabacco in gravidanza trasforma praticamente il feto in un fumatore passivo, esponendolo a tutti gli effetti nocivi del fumo e all'aumento del rischio di sviluppare asma bronchiale, infezioni respiratorie, deficit neurologici e cardiaci.
Le fumatrici gravide hanno inoltre una maggiore probabilità di dare alla luce neonati di basso peso, in quanto la nicotina ha un potente effetto vasocostrittore che comporta una riduzione dell'apporto di sangue alla palcenta, mentre studi epidemiologici hanno rilevato un'associazione tra il fumo passivo e la "morte improvvisa del lattante" (anche conosciuta come "morte in culla" o "SIDS"), ritenendolo quindi una delle cause che concorrono all'insorgenza di questa temibile sindrome.
Alla luce di questi dati, è giusto che le fumatrici gravide siano informate di tutti i potenziali rischi che il fumo in gravidanza comporta per la salute del proprio bambino. E' necessario innanzitutto che, sia la donna gravida che il partner abbandonino l'abitudine al fumo e, in secondo luogo, evitare il più possibile l'esposizione del nascituro ad ambienti contaminati dal fumo di tabacco.
Uno studio condotto, qualche anno fa in Spagna ha evidenziato che, in bambini nati da madri che hanno fumato in gravidanza, la manifestazione di sintomi come irritabilità e tremore entro le prime 24-48 ore dalla nascita è correlata alla concentrazione di nicotina rilevata nelle urine e nei capelli dei neonati.
Con la nascita, infatti, il neonato non è più esposto alla nicotina contenuta nel sangue materno e, per questo motivo, sperimenta una vera e propria sindrome da astinenza dopo uno o due giorni.
Un fenomeno analogo si presenta quando una madre che fuma durante il periodo dell'allattamento smette di allattare il proprio bambino, anche se con effetti minori rispetto all'assunzione di nicotina in gravidanza. In questi casi i sintomi dell'astinenza compaiono spesso subito dopo lo svezzamento, e vengono quindi confusi con coliche.
Il consumo di tabacco in gravidanza trasforma praticamente il feto in un fumatore passivo, esponendolo a tutti gli effetti nocivi del fumo e all'aumento del rischio di sviluppare asma bronchiale, infezioni respiratorie, deficit neurologici e cardiaci.
Le fumatrici gravide hanno inoltre una maggiore probabilità di dare alla luce neonati di basso peso, in quanto la nicotina ha un potente effetto vasocostrittore che comporta una riduzione dell'apporto di sangue alla palcenta, mentre studi epidemiologici hanno rilevato un'associazione tra il fumo passivo e la "morte improvvisa del lattante" (anche conosciuta come "morte in culla" o "SIDS"), ritenendolo quindi una delle cause che concorrono all'insorgenza di questa temibile sindrome.
Alla luce di questi dati, è giusto che le fumatrici gravide siano informate di tutti i potenziali rischi che il fumo in gravidanza comporta per la salute del proprio bambino. E' necessario innanzitutto che, sia la donna gravida che il partner abbandonino l'abitudine al fumo e, in secondo luogo, evitare il più possibile l'esposizione del nascituro ad ambienti contaminati dal fumo di tabacco.
Iodio, vitamine A ed E, zinco e selenio importanti durante il periodo della gravidanza
E' molto importante l'assunzione (intendiamoci, sempre prescritta dal ginecologo) di particolari vitamine in gravidanza. Per chi non ha avuto modo di leggere il primo appuntamento
dedicato a questo argomento, nessun problema, potete cliccare qui
per leggerlo. Ma ora procediamo. Un elemento significativo
per lo sviluppo del sistema nervoso del nascituro è senza ombra di
dubbio lo iodio che va assunto dal primo trimestre e fino al momento del
parto. La quantità necessaria da assumere in gravidanza è di circa 250
mcg/die, ben 100 mcg in più della normale necessità di una persona
adulta. Una vitamina molto importante per la crescita del feto, la
differenziazione delle cellule, la riproduzione e le difese immunitarie è
il retinolo (vitamina A). Ma attenzione: va ingerita in quantità
moderate, nonostante sia ricca di antiossidanti. Il retinolo lo possiamo
trovare nelle uova, nel fegato, nel latte e nei suoi derivati, negli
ortaggi di colore giallo-arancio e in tutta la frutta. Passiamo alla
vitamina E, potente antiossidante che aiuta a prevenire la gestosi in
gravidanza e l'ossidazione degli acidi grassi polinsaturi nelle membrane
cellulari. Anche, qui non eccediamo con la vitamina E, che troviamo
nell'olio extravergine di oliva, che va ingerito rigorosamente a crudo e
nella frutta secca. Chiudiamo questo approfondimento con i sali
minerali. I principali sono potassio, magnesio, zinco, selenio e fluoro.
I primi due, sono necessari soprattutto in estate, vale a dire quando
fa molto caldo, quindi tendiamo a sudare tanto e di conseguenza si
abbassa la pressione. Lo zinco e il selenio, sono necessari per fare
lievitare le difese immunitarie e la moltiplicazione cellulare. Si
trovano nella carne, nel pesce, nei derivati del latte, nei cereali e
nei legumi. Per la mineralizzazione dei denti ci affidiamo al fluoro,
che viene somministrato anche successivamente fino ai tre anni di età.
Lo troviamo nel pesce, nelle mele, nell'insalata, negli spinaci e nel
thè (con dovuta moderazione).
Pre gravidanza e gravidanza, l'importanza delle vitamine e della folina
Avere rispetto del proprio corpo è importante per condurre una vita serena e sana ma in previsione della gravidanza e
durante questa fase bisogna alzare l'asticella. In fase di 'attesa', non è raro che il ginecologo suggerisca l'aumento
dell'apporto vitaminico in tandem con una dieta equilibrata e sana. Ma
quali vitamine assumere? Partiamo da quella fondamentale, rappresentata
dall’acido folico. E’ molto importante sia per la mamma che per il feto.
Svolge un ruolo preventivo sul rischio di difetti del tubo neurale, in
particolare la spina bifida una condizione ormai abbastanza rara, che
può verificarsi nel feto, causando una patologia malformante piuttosto
grave. Inoltre, può contrastare l'insorgenza della preeclampsia,
l'ipertensione gravidica. L’acido folico è per lo più presente nei
cereali e nelle verdure a foglia verde. Passiamo al ferro che può
raggiungere livelli minimi durante la gravidanza. Il che potrebbe
condurre ad anemia sia nella mamma che nel piccolo ma anche a forte
stanchezza, indebolimento delle unghie e dei capelli. Lo troviamo nelle
carni, nei legumi e nella verdura a foglia verde. Calcio e Vitamina D3
vanno in coppia e con la vitamina D risultano fondamentali per lo
sviluppo delle ossa del feto, garantendogli uno scheletro sano e
resistente. Tra l’altro, risulta essere indispensabile per le mamme
intolleranti al lattosio o vegetariane. Continuando, in questa prima di
due puntate che dedicheremo all’argomento vitamine da assumere in
gravidanza, c’è la B12, importante per il corretto sviluppo generale e
neurologico del bambino. Diventa da importante a fondamentale per le
donne vegetariane (1-continua)
In gravidanza. Alcuni rimedi per alleviare la stitichezza
Durante il periodo della gravidanza il corpo della donna, inevitabilmente, tende a subire
dei mutamenti. E tra questi ci potrebbe essere anche una tendenza alla
stitichezza. Il disturbo, solitamente, si manifesta dopo i primi mesi di
gestazione e si protrae per tutto il tempo della gravidanza ed alle
volte prosegue anche durante l’allattamento. L’insorgenza della
stitichezza, così come quella di molti altri piccoli fastidi, è legata
alle modifiche ormonali indotte dalla gestazione, assieme naturalmente
alle mutate dimensioni dell’utero che praticamente occupa quasi tutto lo
spazio della cavità addominale. È il progesterone il responsabile
numero uno della pigrizia intestinale in gravidanza. Nelle prime
settimane di gestazione agli alti livelli di progesterone può
aggiungersi la spontanea riduzione dell'assunzione di frutta e verdura,
causata dalle nausee. Ciò può sottrarre ulteriori liquidi all'intestino,
aggravando il rischio di stitichezza. Con il proseguo della gestazione,
a partire dal terzo/quarto mese, l'aumento di volume dell'utero
costituisce un ulteriore ostacolo al passaggio delle feci. Nell'ultimo
trimestre di gravidanza l'aumento dei livelli circolanti di aldosterone
rappresenta un nuovo e prezioso alleato della stitichezza. Quest'ormone
aumenta infatti l'assorbimento di liquidi ed elettroliti, rallentando
ulteriormente il transito intestinale. Per tutti questi motivi, in linea
generale, la stitichezza non insorge bruscamente durante la geavidanza,
ma tende ad aggravarsi con il sopraggiungere del parto. A fare il punto
sulle strategie per alleviare la stitichezza sono le raccomandazioni
dell'Organizzazione mondiale della sanità per un'esperienza positiva
della gravidanza, rilasciate a novembre 2016. La prima indicazione è
quella di bere di più. In gravidanza aumenta il fabbisogno di acqua e,
se non se ne assume abbastanza, le feci si induriscono e diventano
ancora più difficili da espellere. I classici 2 litri al giorno sono
raccomandati soprattutto adesso: anzi, meglio arrivare anche a 2,5
litri. Un valido aiuto per combattere in modo naturale la stitichezza in
allattamento e gravidanza proviene sicuramente da un’alimentazione
corretta. Un alimento che non dovrebbe mai mancare in tavola sono le
verdure e la frutta che, ricchi di fibre, aiutano il corretto transito
intestinale. Infine, anche il moto dà sicuramente una mano. Una
camminata di mezz’ora al giorno, ma anche un po’ di ginnastica o altro
sport (da concordare col ginecologo) aiutano i movimenti peristaltici
dell’intestino. L'atto del camminare, in particolar modo, stimola la
motilità intestinale e favorisce il ritorno del sangue venoso al cuore,
limitando, tra l'altro, il rischio di altri spiacevoli disturbi come
vene varicose, gonfiori ed emorroidi. Se questi accorgimenti non fossero
sufficienti è bene consultare il medico, che potrà consigliare blandi
lassativi, dalle mucillagini al lattulosio, che richiamando acqua
nell’intestino, ammorbidiscono le feci facilitandone la naturale
espulsione senza creare tensione e crampi addominali, dolori e
malessere. E' sconsigliabile ricorrere con troppa sufficienza ai
purgativi; innanzitutto perché nessun lassativo riesce a risolvere il
problema della stitichezza in modo definitivo ma tende semplicemente a
rimandarlo con inevitabile assuefazione psicofisica; in secondo luogo
perché la scelta di un medicinale sbagliato potrebbe avere cattive
ripercussioni sul normale proseguimento della gravidanza. Il consulto
con il proprio ginecologo è quindi d'obbligo, specie quando la
stitichezza non si risolve con la semplice terapia dietetica e
comportamentale.
Voglia di avere un figlio dopo i 35 anni: preservare la fertilità da giovane con la crioconservazione e/o il congelamento del tessuto ovarico
I nati in Italia sempre più in calo testimoniano come diventare genitori, oggi come oggi, sia complicato. La donna, ad esempio, dai
35 anni in poi, ha un calo della fertilità. L’uomo può avere pochi
spermatozoi oppure gli stessi possono essere lenti. La carriera
lavorativa, l’inquinamento, la plastica e patologie diverse possono
incidere ulteriormente sulla riproduzione spontanea, che non arriva più
in modo così frequente come 30 anni fa. Dunque preservare la fertilità,
soprattutto femminile, diventa fondamentale e oggi è possibile grazie ai
progressi della criobiologia. Noi del Centro Iatropolis-Genesis Day
Surgery siamo esperti in questo settore, essendo tra le cliniche leader
in Campania sulla fecondazione assistita e possiamo darti una mano. Le
indicazioni alla crioconservazione ovocitaria per la preservazione della
fertilità femminile possono essere sia di natura medica (malattie
oncologiche, malattie ginecologichebenigne) che personali. Quest’ultimo
caso riguarda tutte le donne che, per vari motivi, decidono di
posticipare la maternità (social freezing).Grazie alle nuove
strategie terapeutiche antitumorali, negli ultimi anni, si è registrato
un progressivo aumento della sopravvivenza media delle giovani donne
affette da neoplasie, in quanto è forte l´attenzione sugli effetti a
lungo termine delle terapie oncosoppressive e sulla qualità di vita
delle pazienti dopo trattamento.
La preservazione della fertiltà è utile ed importante anche in quelle donne che devono sottoporsi a terapie chirurgiche per trattare l’endometriosi severa, per rimuovere formazioni cistiche o solide alle ovaie, o in quelle donne a rischio di fallimento ovarico prematuro (POF) che hanno in famiglia casi di menopausa molto precoce.
Diverse procedure di preservazione della fertilità femminile impiegano tecniche quali la crioconservazione degli ovociti ottenuti dopo stimolazione ovarica con ormoni e prelievo, oppure il congelamento di embrioni ottenuti inseminando gli ovociti prelevati.
Il prelievo ovocitario prevede una terapia di stimolazione ormonale ovarica che è normalmente eseguita con la somministrazione dello stesso ormone che viene prodotto naturalmente dall’ipofisi, l’ormone follicolo stimolante (FSH), che fisiologicamente permette lo sviluppo di un follicolo.
Sia il congelamento degli ovociti che quello degli embrioni, sono tecniche già applicate comunemente nel campo della fecondazione assistita. Queste soluzioni richiedono però che la paziente abbia già raggiunto la pubertà e, nel caso del congelamento degli embrioni, che abbia un compagno o coniuge. Inoltre, è indispensabile che il quadro tumorale e le cure che esso richiede permettano la realizzazione di un ciclo di stimolazione ovarica, cosa non possibile quando la chemioterapia deve essere avviata immediatamente o quando la stimolazione è controindicata per il tipo di neoplasia.
Se la stimolazione ormonale dell’ovaio è possibile, si può procedere alla crioconservazione degli ovociti. L’efficacia di questa procedura è oggi favorita dal recente perfezionamento della tecnica di vitrificazione, una tecnica di congelamento ancora più avanzata della crioconservazione tradizionale o “lenta”.
Le nuove metodologie di congelamento utilizzate, come la vitrificazione, assicurano percentuali di sopravvivenza e d’impianto del tutto sovrapponibili a quelle degli embrioni freschi. Anche nel caso degli ovociti, per le giovani donne, le percentuali di sopravvivenza, di fecondazione e d’impianto sono notevolmente incoraggianti.
E’ quindi consigliabile per le donne in età riproduttiva congelare ovociti prima di sottoporsi ai trattamenti radio-chemioterapici.
Per le pazienti non in età riproduttiva sarebbe idoneo il congelamento del tessuto ovarico da trapiantare successivamente al trattamento chemioterapico.
Oggi il congelamento del tessuto ovarico è in fase sperimentale ed ancora oggetto di ricerca; pochi sono i successi ottenuti in questa direzione, ma ci sono già i primi nati in donne alle quali è stato trapiantato il proprio tessuto ovarico crioconservato prima delle terapie antitumorali.
La preservazione della fertiltà è utile ed importante anche in quelle donne che devono sottoporsi a terapie chirurgiche per trattare l’endometriosi severa, per rimuovere formazioni cistiche o solide alle ovaie, o in quelle donne a rischio di fallimento ovarico prematuro (POF) che hanno in famiglia casi di menopausa molto precoce.
Diverse procedure di preservazione della fertilità femminile impiegano tecniche quali la crioconservazione degli ovociti ottenuti dopo stimolazione ovarica con ormoni e prelievo, oppure il congelamento di embrioni ottenuti inseminando gli ovociti prelevati.
Il prelievo ovocitario prevede una terapia di stimolazione ormonale ovarica che è normalmente eseguita con la somministrazione dello stesso ormone che viene prodotto naturalmente dall’ipofisi, l’ormone follicolo stimolante (FSH), che fisiologicamente permette lo sviluppo di un follicolo.
Sia il congelamento degli ovociti che quello degli embrioni, sono tecniche già applicate comunemente nel campo della fecondazione assistita. Queste soluzioni richiedono però che la paziente abbia già raggiunto la pubertà e, nel caso del congelamento degli embrioni, che abbia un compagno o coniuge. Inoltre, è indispensabile che il quadro tumorale e le cure che esso richiede permettano la realizzazione di un ciclo di stimolazione ovarica, cosa non possibile quando la chemioterapia deve essere avviata immediatamente o quando la stimolazione è controindicata per il tipo di neoplasia.
Se la stimolazione ormonale dell’ovaio è possibile, si può procedere alla crioconservazione degli ovociti. L’efficacia di questa procedura è oggi favorita dal recente perfezionamento della tecnica di vitrificazione, una tecnica di congelamento ancora più avanzata della crioconservazione tradizionale o “lenta”.
Le nuove metodologie di congelamento utilizzate, come la vitrificazione, assicurano percentuali di sopravvivenza e d’impianto del tutto sovrapponibili a quelle degli embrioni freschi. Anche nel caso degli ovociti, per le giovani donne, le percentuali di sopravvivenza, di fecondazione e d’impianto sono notevolmente incoraggianti.
E’ quindi consigliabile per le donne in età riproduttiva congelare ovociti prima di sottoporsi ai trattamenti radio-chemioterapici.
Per le pazienti non in età riproduttiva sarebbe idoneo il congelamento del tessuto ovarico da trapiantare successivamente al trattamento chemioterapico.
Oggi il congelamento del tessuto ovarico è in fase sperimentale ed ancora oggetto di ricerca; pochi sono i successi ottenuti in questa direzione, ma ci sono già i primi nati in donne alle quali è stato trapiantato il proprio tessuto ovarico crioconservato prima delle terapie antitumorali.
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