Fecondazione Assistita, la fase preparatoria: l'induzione all'ovulazione

La fase preparatoria alla fecondazione assistita consiste nell’induzione dell'ovulazione o della crescita follicolare multipla allo scopo di ottenere un numero di ovociti adeguato per la tecnica. La risposta ai farmaci è soggetta ad un’ampia variabilità individuale in relazione col regime terapeutico prescelto, con l'età della paziente e le eventuali patologie endocrine emerse nel corso dello screening di base. Tali terapie prevedono un monitoraggio ecografico della crescita follicolare, allo scopo di modulare il trattamento in base della risposta individuale della singola paziente.
 

Per l’induzione dell’ovulazione possono essere utilizzate quattro categorie di farmaci:
farmaci con attività estrogeno-simile (citrato di clomifene)
gonadotropine
analoghi agonisti del GnRH
analoghi antagonisti del GnRH
 

Il tutto parte con un primo monitoraggio ecografico dello sviluppo follicolare, che avviene mediante l’utilizzo di un ecografo dotato di sonda trans-vaginale e generalmente viene effettuato il 5° o 6° giorno del ciclo, quando cioè si inizia il protocollo di stimolazione e prosegue poi a giorni alterni o quotidianamente.
Per stabilire la dose di gonadotropine impiegata, viene studiata in base a programmi individuali a seconda delle caratteristiche cliniche della paziente, tenendo conto che deve rimanere limitato al minimo per ridurre il rischio di insorgenza di importanti effetti collaterali quali essenzialmente la Sindorme da Iperstimolazione Ovarica.
 

Al fine di evitare una ovulazione prematura in corso di stimolazione ovarica viene eseguita la famosa soppressione ipofisaria, la quale consiste nella somministrazione di farmaci che bloccano l’attività dell’ipofisi, e cioè la ghiandola che regola l’attività dell’ovaio, facendo in modo che il lavoro di quest’ultima dipenda esclusivamente dai farmaci somministrati. Attualmente i farmaci impiegati per la soppressione dell’ovulazione sono rappresentati dagli “analoghi del GnRH” (Decapeptyl, Enantone) e dagli “antagonisti del GnRH” (Orgalutran, Cetrotide). Tali farmaci possono essere somministrati sotto forma di “preparati depot”, cioè somministrazioni singole ad effetto prolungato, o sotto forma di preparati ad emivita breve che richiedono somministrazioni giornaliere.

Monitoraggio della ”stimolazione ovarica controllata” . La terapia di induzione della crescita follicolare multipla dura da 10 a 14 giorni. Dopo qualche giorno di terapia, la crescita follicolare viene attentamente sorvegliata mediante dosaggio serico del 17 beta estradiolo ed ecografie. Gli esami che solitamente vengono eseguiti a giorni alterni, hanno il fine di personalizzare la terapia adeguandola alla risposta ovarica ottenuta.

Ricordiamo che Genesis day Surgery di Caserta, diretta dal dottore-ginecologo Raffaele Ferraro, è leader per ciò che riguarda i trattamenti di fecondazione assistita. Basti pensare che nel solo anno 2024 i cicli sono stati oltre 600. Per info potete contattare lo 0823 325388 oppure scrivere a genesiscaserta@gmail.com. 

Ginecologia. Le perdite ematiche sono attribuibili il più delle volte a cause di tipo ormonale o a cause organiche

Le perdite ematiche, una difficoltà che attanaglia diverse donne. Si tratta di perdite di sangue che possono verificarsi in una donna tra una mestruazione l'altra. Ciò avviene nel corso del periodo ovulatorio, a fine ciclo o talvolta, prima del flusso mestruale e sono definite “spotting”, dall’inglese “to spot” (macchiare). Esse indicano che in quel momento il nostro corpo non sta funzionando correttamente. Per questo motivo è consigliabile una visita ginecologica per individuarne una causa. Generalmente queste macchie ematiche sono di colore scuro e sono attribuibili il più delle volte a cause di tipo ormonale o a cause organiche come vaginiti, cisti ovariche, fibromi uterini o ancora menopausa precoce. Oltretutto lo spotting potrebbe anche essere un’avvisaglia di inizio gravidanza, in quanto si manifesta al momento dell’impianto della blastocisti in utero. E’ comunque un fenomeno non fisiologico che va tenuto sotto controllo, per questo si consiglia di effettuare alcuni esami specialistici:

Visita ginecologica generale
Esami del sangue per effettuare dosaggi ormonali
Misurazioni del PH vaginale (per possibili vaginosi)
Isteroscopia (per escludere eventuali polipi o fibromi uterini)

Al Centro Iatropolis-Genesis Day Surgery di Caserta PUOI EFFETTUARE QUESTI ESAMI. Per info puoi chiamre il numero 0823 325388.

Il più frequente dei difetti del tubo neurale: la Spina Bifida può essere invalidante per il feto con conseguenze importanti

Come ogni anno il 25 ottobre si è svolta la Giornata Mondiale della Spina Bifida (e Idrocefalo). Un'occasione in più per illustrare lo stato dell'arte su un difetto che può causare non poche difficoltà. Quando infatti parliamo di spina bifida ci riferiamo al più frequente dei difetti del tubo neurale, che consistono in gravi malformazioni congenite per il feto che si sviluppano durante le prime settimane di gravidanza. 

Secondo i dati del Ministero della Salute, in Italia, la prevalenza totale alla nascita dei difetti del tubo neurale è di circa 6 casi su 10.000 di cui il 50 per cento sono casi di spina bifida. Quindi, fortunatamente, si tratta di un qualcosa di molto raro. I difetti del tubo neurale possono essere invalidanti per il feto, con conseguenze importanti sotto gli aspetti cognitivi e neuro-motori: alterazioni del controllo degli sfinteri, manifestazioni epilettiche, difetti del tono muscolare e neurosensoriali, problemi nello sviluppo e nell’apprendimento. 

Il percorso di cura è lungo e complesso sia per le famiglie, che pagano un prezzo sociale ed emozionale molto alto, che per il Servizio Sanitario Nazionale. Di conseguenza diventa molto importante effettuare un’efficace prevenzione. Si possono infatti prevenire queste malformazioni con una corretta alimentazione e con l’assunzione di una vitamina fondamentale in tali casi: l’acido folico. Mangiare abitualmente frutta, verdura e legumi, contenenti folati, è importante, ma non sufficiente a coprire il fabbisogno quotidiano e, se si programma una gravidanza, è necessario integrare la dieta con l’acido folico.

La Policistosi Ovarica meglio conosciuta come 'Sindrome dell'Ovaio Policistico'

La 'Sindrome dell'Ovaio Policistico' (o PCOS) trae origine dal nome anglosassone Poly-Cystic Ovary Syndrome, anche denominata policistosi ovarica o sindrome di Stein-Leventhal o anche anovulazione iperandrogenica. Si tratta di un insieme di sintomi derivanti da uno squilibrio ormonale (aumento degli ormoni maschili, androgeni) nelle donne in età riproduttiva. Una diagnosi di PCOS può essere comunicata alla paziente, secondo la convenzione di Rotterdam del 2003, quando si riscontrano almeno due delle tre seguenti condizioni: anovulazione con conseguenti amenorrea e infertilità anovulatoria; eccesso di ormoni androgeni, che può manifestarsi con presenza di acne, irsutismo e disturbi dell’umore. Oppure può manifestarsi con cisti ovariche disposte come una sorta di collana. La sindrome dell'ovaio policistico (PCOS) causa importanti effetti sulla salute della donna a livello metabolico e riproduttivo; colpisce circa  il 5-10% delle donne, si riscontra nel periodo puberale ed è considerata l’alterazione endocrina più comune in età fertile. 

Quando il medico si accorge che una paziente può essere affetta da tale disturbo consiglia esami ormonali, glicemia, insulinemia, ecografia pelvica, ma può anche optare per una terapia mirata e suggerire alla sua paziente uno stile di vita corretto e la perdita di peso. Va detto che la PCOS non è sinonimo di sterilità e si ricorre all'induzione dell'ovulazione se la anovularietà è sistematica e unica causa di sterilità. Inoltre, l’esercizio fisico (importante per ridurre la resistenza insulinica) e la perdita di peso (utile a ridurre i livelli di insulina, di SHBG e gli estrogeni), possono ripristinare l'ovulazione o favorire l’effetto dei farmaci utilizzati per l'induzione dell'ovulazione.
Lo ribadiamo: stili di vita sani e corretti, acquisiti sin dalla più giovane età, aiutano nella prevenzione di questa condizione clinica.

Problemi vascolari, ormonali, neurologici oppure alcune malattie sistemiche possono provocare disfunzionalità erettile

La disfunzione erettile è la costante incapacità a raggiungere e/o a mantenere un’erezione tale da portare a termine un rapporto sessuale soddisfacente. Ma quali possono essere le cause che generano tale difficoltà? Esse sono per lo più di natura organica e/o psicologica. 

Problemi vascolari, ormonali, neurologici oppure alcune malattie sistemiche quali, ad esempio, il diabete mellito possono provocare disfunzionalità erettile. Anche i giovani possono essere colpiti da tale incapacità ma, nella maggior parte dei casi, per loro si tratta di un’ansia da prestazione (fattore psicologico). Occhio anche ad alcol e fumo che non aiutano in tal senso, anzi possono incidere negativamente sulla prestazione sessuale. Cosa fare per evitare di incorrere in questo problema? Il mantenimento di un corretto stile di vita e la riduzione dei fattori di rischio, consente di limitare la possibilità di sviluppare tale patologia. Diagnosi: è necessaria un’anamnesi e un esame obiettivo volti a identificare: le possibili cause, le terapie farmacologiche concomitanti o le patologie a prevalente componente psico-relazionale interferenti con la funzione sessuale.

La toxoplasmosi in alcuni casi può colpire le donne in gravidanza

Oggi ci occupiamo della toxoplasmosi, che, in alcuni casi potrebbe colpire le donne in gravidanza. Si tratta una malattia parassitaria causata da un microrganismo che si insedia nelle cellule della vittima. Essa diventa pericolosa se contratta nel corso della gravidanza. L'infezione può infatti passare al bambino attraverso la placenta, provocando in determinate circostanze malformazioni o addirittura l'aborto o la morte in utero. Non esiste un vaccino contro la toxoplasmosi, non è quindi possibile garantirne la prevenzione assoluta. 

Ci sono però una serie di comportamenti e di pratiche che possono ridurre notevolmente il rischio di contrarre questa malattia. Uno studio che ha coinvolto diversi centri in Europa, tra i quali anche italiani indica tra le principali fonti di infezione nelle donne gravide il consumo di carne poco cotta. Dai risultati emerge infatti che i fattori di rischio principali sono legati all’alimentazione (dal 30 al 63% dei casi dovuti all’assunzione di carne poco cotta). È quindi necessario evitare di assaggiare la carne mentre la si prepara e lavarsi molto bene le mani sotto acqua corrente dopo averla toccata. Lo stesso studio evidenzia che un’altra importante fonte di contaminazione è rappresentata dalla manipolazione della terra degli orti e dei giardini, dove animali infetti possono aver defecato. 

Dunque è fondamentale che, chi svolge attività di giardinaggio o di coltivazioni lavi accuratamente le mani prima di toccarsi la bocca o la mucosa degli occhi. Lo stesso vale per il consumo di ortaggi e frutta fresca, che dev’essere lavata molto ma molto bene sotto acqua corrente. Occhio ai gatti randagi (meno o quasi zero ai domestici alimentati con scatolette e che escono poco di casa) che si infettano cacciando uccelli e topi contaminati, e che possono defecare nel terreno rilasciando Toxoplasma anche per diverse settimane. Se una donna dovesse contrarre la toxoplasmosi in gravidanza si consiglia una cura antibiotica o una cura basata su una combinazione di antibiotici. Nel caso in cui il trattamento non sia stato adeguato o sia iniziato troppo tardi, il bambino potrebbe avere una malattia grave già visibile alla nascita.

Ginecologia. Il Citomegalovirus è diffuso a livello mondiale: un problema soprattutto per gli immunodepressi

Ci occupiamo, in questo scritto, del Citomegalovirus. Si tratta di un virus diffuso a livello mondiale. La particolarità è che una volta entrato nell’organismo rimane latente per tutta la vita, ma può riattivarsi in caso di indebolimento del sistema immunitario. Un buon sistema immunitario è in grado di tenere sotto controllo l’infezione, ma negli individui immunodepressi (con difetti del sistema immunitario, sottoposti a chemioterapia per un tumore, affetti da Hiv o che hanno ricevuto un trapianto d’organo o di midollo) e nei bambini al di sotto dei due anni si possono verificare gravi complicanze, in particolare a occhi, polmoni, fegato, esofago, stomaco, intestino e sistema nervoso centrale. 

Uno degli aspetti più importanti legato al Citomegalovirus, è rappresentato dalle infezioni congenite. Un’infezione contratta durante la gravidanza e trasmessa al feto può, infatti, arrecare al bambino danni permanenti anche gravi. Per quanto riguarda la sintomatologia la maggior parte degli individui sani, adulti o bambini, non manifesta sintomi e non si accorge dell’infezione. Se compaiono febbre, malessere e ingrossamento dei linfonodi, questi sintomi possono essere confusi con l’influenza o la mononucleosi infettiva e difficilmente vengono effettuati gli esami di laboratorio per accertarla. Se il CMV si sviluppa nei soggetti immunocompromessi allora possono subire 'sollecitazioni' tutti gli organi e, in particolare, il CMV può portare polmonite, retinite con alterazione della vista, ed encefalite. 

L’infezione può essere trasmessa anche durante la gravidanza in una donna precedentemente sieronegativa, oppure quando si verifica una riattivazione del virus latente o per reinfezione con un nuovo ceppo di CMV in una donna che aveva già contratto l’infezione. Tra i sintomi transitori si segnalano in particolare l’epatosplenomegalia, la polmonite, l’ittero, le petecchie, il basso peso alla nascita e le convulsioni. I sintomi permanenti possono essere molto gravi e causare diverse forme di disabilità permanente come sordità neurosensoriale, deficit visivi, ritardo mentale, ritardo psicomotorio, microcefalia, deficit di coordinazione dei movimenti, epilessia. In alcuni bambini i sintomi compaiono mesi o anni dopo la nascita, e in questi casi i segnali più comuni sono la perdita dell’udito e della vista. La comparsa di disabilità permanenti è più probabile nei bambini che mostrano i sintomi già alla nascita. Il CMV può essere trasmesso dalla madre al neonato anche durante il parto (infezione perinatale) oppure attraverso l’allattamento (infezione postnatale).