Il recettore per l’FSH (FSHR) è un recettore transmembrana, costituito da una proteina di 695 aminoacidi, situato sulla superficie delle cellule di ovaio, utero e testicolo. In base all’organo bersaglio, il legame dell’FSH al suo recettore determina effetti diversi. A livello ovarico, il recettore è espresso dalle cellule della granulosa e permette all’ormone di determinare la crescita follicolare. L’endometrio (la mucosa che riveste la cavità uterina) esprime l’FSHR durante la fase luteinica del ciclo ovarico, fase in cui esso aumenta di spessore preparandosi all’impianto dell’eventuale embrione. Nell’uomo l’FSHR è presente sulla membrana delle cellule del Sertoli, localizzate nel testicolo a livello dei tubuli seminiferi, con la funzione di nutrire gli spermatozoi durante il processo di spermatogenesi.
L’”identità” di una proteina è determinata dalla sequenza di aminoacidi che la compongono, per cui cambiare uno o più aminoacidi in questa sequenza equivale a cambiare la proteina stessa, alterandone la funzione e/o la morfologia. Essendo il recettore per l’FSH una proteina, esso può essere soggetto a questo fenomeno e, ad oggi, sono state identificate diverse varianti genetiche che comportano modificazioni della sua attività. Quelle maggiormente studiate riguardano:
- La posizione 307 della catena aminoacidica dell’FSHR: è possibile trovare un residuo aminoacidico di Treonina (Thr) o di Alanina (Ala);
- La posizione 680: Gli aminoacidi riscontrati in questa posizione della catena sono l’Asparagina (Asn) e la Serina (Ser).
Entrambe le posizioni in questione sono molto specifiche, influenzando l’interazione dell’FSH col suo recettore e la sua attività, determinando quindi quattro varianti alleliche:
- Thr307-Asn680 (variante TN);
- Thr307-Ser680 (variante TS);
- Ala307-Asn680 (variante AN);
- Ala307-Ser680 (variante AS).
Le varianti TN e AS sono presenti con una frequenza rispettivamente del 60% e 40% circa, mentre le altre sono molto sporadiche.
Sono state studiate molte donne che, sottoponendosi a stimolazione ormonale per la preparazione alle tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita, hanno sviluppato una Sindrome da Iperstimolazione Ovarica (OHSS , Ovarian HyperStimulation Syndrome). Questa sindrome si manifesta più frequentemente con sintomi moderati, quali dolore addominale, ascite, nausea e diarrea. In alcuni casi, però, la sintomatologia può essere severa e mettere in pericolo la vita della paziente, a causa di emoconcentrazione, oliguria, trombosi, versamento pleurico e dispnea.
Alla luce di questi studi è stato evidenziato che la variabilità in posizione 680 è correlata ad una diversa risposta alla stimolazione ovarica. Nella fattispecie, le donne che presentano l’aminoacido Serina in posizione 680 tendono a manifestare una certa “resistenza” all’FSH con ridotta risposta alla stimolazione ormonale (soggetti “poor responders”), con livelli di estradiolo circolante anch’essi ridotti. In queste pazienti risulterebbe pertanto utile ricorrere a dosi maggiori di FSH nel protocollo di stimolazione. Le varianti con Asparagina in posizione 680, al contrario, sono correlate ad una maggiore risposta ovarica, col reclutamento un gran numero di follicoli ed il raggiungimento di livelli di estradiolo circolante più elevati (soggetti “hyper responders”). Questo fatto ha portato a formulare un’ipotesi per cui in queste pazienti il rischio di OHSS potrebbe essere più alto. Questa ipotesi è, ad oggi, tanto controversa quanto affascinante.
Più concreta è la possibilità di associare la variante allelica dell’FSHR al grado di severità della OHSS, qualora essa si verifichi: la variante AS appare maggiormente correlata ad una OHSS di grado lieve, mentre quella con Asn in posizione 680 ad una sintomatologia di grado severo.
Sebbene la conoscenza dei residui aminoacidici nelle posizioni 307 e 680 della catena dell’FSHR non ci permetta ancora di prevedere l’insorgenza di OHSS, gli studi attualmente in corso stanno dirigendo i propri sforzi verso la verifica del legame tra mutazioni del FSHR e questa sindrome. Qualora tale relazione fosse confermata, si potrebbe certamente considerare l'impiego del sequenziamento genico per prevenire l'insorgenza di questa patologia, permettendo di identificare più facilmente le pazienti come soggetti “poor responders” o “hyper responders”, ed applicare quindi il protocollo di stimolazione più idoneo.